“…Il concerto successivo vede invece la presenza di un duo inedito, da un lato abbiamo visto quattro musicisti che si conoscono bene, dall’altro invece due musicisti che si incontrano per la prima volta. Il duo è formato dal pianista Borah Bergman e dal violinista Stefano Pastor.

Borah Bergman è uno di quei musicisti che forse hanno raccolto meno di quanto abbiano seminato perché nonostante la sua età, ben oltre la settantina, intanto ha iniziato a incidere abbastanza tardi, verso i quarant’anni e poi non è che abbia inciso chissà quanto. Ha suonato abbastanza in Italia ed è stata proprio l’etichetta Soul Note, etichetta italiana, a dargli diverse possibilità di pubblicare i propri dischi. Ha suonato in particolare al Jazz Summer di Bolzano e si è esibito soprattutto in duo, ha suonato in duo con Evan Parker, con Andrew Cyrylle, con Roscoe Mitchell. Tutt’al più s’è allargato a dei trii, ha fatto anche altro ovviamente però, insomma, gli è capitato di suonare spesso in trio con musicisti come il compianto Thomas Chapin, come Peter Brotzman, come Anthony Braxton e come Mat Maneri e così tanto.

In questa occasione troviamo Borah Bergman con il violinista Stefano Pastor che ha una storia curiosa perché viene dalla musica classica e anche dalla canzone d’autore (tantissimi anni fa aveva partecipato giovanissimo all’incisione di “Aguaplano” di Paolo Conte) ed è tornato alla canzone proprio con il suo album d’esordio perché era un album nel quale lui ritrascriveva in chiave jazzistica – ma anche questa è una definizione che sta un po’ stretta – una serie di canzoni d’autore italiane. Poi però si è dedicato sempre di più al jazz e sempre più all’improvvisazione sviluppando un linguaggio assolutamente personale che lavora sia, da un lato, sul suono: il suono del suo violino è volutamente un po’ sporco, non brillante, un suono che lavora sulla sporcizia, detto in senso positivo ovviamente, nel senso che lavora sulla non perfetta omogeneità del suono e lavora anche, forse di conseguenza, sulla microtonalità, lavorando quindi su quegli intervalli che noi spesso non siamo abituati a sentire, su intervalli di tono molto flebili che quindi gli consentono una maggiore duttilità di passaggio.

Il duo è inedito nel senso che i due musicisti si sono visti poco prima e hanno fatto un po’ di prove, succede spesso nel jazz. In questo caso quello che viene fuori e quello che poi è interessante, è la voglia, il piacere di incontrarsi, di conoscersi, di dialogare insieme. E viene fuori molto bene, va detto, in questo concerto perché è un concerto in cui il dialogo si sente da subito che è estremamente fitto, così come si sente che si tratta di un vero e proprio dialogo: i musicisti si ascoltano, si seguono, stanno attenti a quello che fa l’altro, che l’altro dice, rispondono e quindi viene fuori un concerto molto interessante.

Borah Bergman è un musicista peraltro che ha sviluppato una tecnica assolutamente notevole soprattutto nella mano sinistra; lui, nato come destro, che per anni si è dedicato a suonare quasi esclusivamente sulla mano sinistra proprio per poterla rafforzare e quindi creare un’interdipendenza tra le due mani e quindi non costringere la mano sinistra al ruolo di accompagnamento ma darle anche una possibilità solistica.

Il concerto alterna momenti di una dimensione ritmica più sostenuta fino a degli improvvisi squarci di lirismo. Noi nel concerto abbiamo selezionato, lasciando fuori molte cose, l’inizio, che sono due lunghi brani improvvisati dai due musicisti; poi sentiamo Borah Bergman su una sua ballad, When Autumn Comes, e alla fine della ballad chiede, e anche in questo caso la richiesta è arrivata all’ultimo momento, a Stefano Pastor di esibirsi da solo. Stefano Pastor inizia a giocare sul tema di The Song is You, un classico del jazz, e poi insieme improvvisano ancora un altro brano.”

Pino Saulo – RAI Radiotre Suite – 12 novembre 2007